sublìme

Jacopo da Pontormo, Deposizione, 1525/26- 1528, Cappella Capponi, Chiesa di S.Felicita, Firenze. 313x192 cm olio e tempera su tavola



[...] Ecci ancora é varii modi di fare, come il marmo, di bronzo e tante varie sorte di pietra, di stucco, di legno, di terra e molte altre cose, che in tutte bisogna gran pratica oltre alla fatica della persona che non è piccola; ma questa tiene l'uomo più sano e fagli megliore complessione, dove che el pittore è el contrario, male disposto del corpo per le fatiche dell'arte, piutosto fastidi di mente che aumento di vita; troppo ardito e volenteroso di imitare tutte le cose che ha fatto la natura, co' colori, perché le paino esse (e ancora migliorarle) per fare i sua lavori ricchi e pieni di cose varie, facendo dove accade, come dire, splendori, notte con fuochi e altri lumi simili, aria, nugoli, paesi lontani e dappresso, casamenti con tante varie osservanze di prospettiva, animali di tante sorti, di tanti vari colori e tante varie cose; che è possibile che in una storia che facci vi s'intervenga ciò che fe' ma la natura, oltre a come io dissi sopra, migliorarle e co' l'arte dare loro grazia e accomodarle e comporle dove le stanno meglio; oltre a questo è vari modi di lavorare, in fresco, a olio, a tempera, a colla, che in tutto bisogna a gran prattica maneggiare tanti vari colori, sapere conoscere i loro effetti, mesticati in vari modi, chiari scuri, ombre e lumi, reflessi e moltre altre appartenenze infinite. Ma quello che io dissi troppo ardito che la importanza si è superare la natura in volere dare spirito a una figura e farla parere viva e farla in piano; che se almeno egli avesse considerato che, quando Dio creò l'huomo, lo fece di rilievo, come cosa più facile a farlo vivo, e' non si harebbe preso uno soggetto sì artificioso e piutosto miracoloso e divino.[...]


Jacopo da Pontormo, lettera al Varchi, 18 febbraio 1548



Nessun commento: